Si pensa ad un formatore spesso come ad un “insegnante” che “parla” a degli adulti. Spesso purtroppo è realmente così, nella realtà. In altri casi così appare, visto da fuori, ma magari si tratta di una fase di un “intervento” molto più complesso fatto di “formazione attiva” (case studies, role playing, problem solving, maieutica, videoanalisi, e tanti altri canali formativi), e per farlo serve una “razza” diversa da quella del tipico insegnante o docente.

Solo chi insegna con passione sa quanta differenza ci sia tra il “parlare” e il “fare formazione attiva”, e quanta attenzione serva in ogni istante, in ogni secondo, per tenere monitorati i livelli di attenzione dell’intera aula e di singoli partecipanti, osservare gli stati emotivi, capire se ci sono richieste non espresse, capire gli stati di interesse, osservare le micro-espressoni facciali dei partecipanti, capire se cambiare tema o stare di più o di meno in un’esercitazione o cambiarla… riprendere comportamenti sbagliati, alternare fasi teoriche a fasi esercitative, saper ascolta, così come avere la forza di contraddire qualcuno e portar avanti un concetto.

Per non parlare del gestire se stessi, le proprie energie fisiche e mentali, il loro fluire… mantenere focusing e concentrazione, per ore e ore, saper generare nuovi esercizi e momenti di apprendimento in funzione di quanto accade, e questo solo per citare alcune delle abilità continuative che vengono portate avanti con enorme dispendio energetico dal formatore serio.

Per gli altri? Basta “buttare su” qualche powerpoint… come fanno tanti docenti universitari, poi…  che in aula ci siano 1, 10, 100 o 1000 persone, niente cambia… non parlerei in questo caso di veri formatori, ma di oratori frontali, il che non è offensivo ma solo diverso nel modo di agire e nei risultati che si producono.

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Formatore e Coach su temi di Sviluppo del Potenziale Personale, Comunicazione Interculturale e Negoziazione Internazionale, Psicologia Umanistica. Senior Expert in HR, Human Factor, Psicologia delle Performance, Comunicazione e Management, Metodologie Attive di Formazione e Coaching.

6 Comments

  1. Caro Daniele, condivido in pieno le tue riflessioni; ho sperimentato personalmente tutto quello che dici, in ambienti assai diversi, con i giovani, gli adulti, in Italia e all’estero. Desidero solo aggiungere che quando si riesce in pieno a fare quanto dici i risultati ripagano ampiamente dello sforzo; ecco perché questa è una professione meravigliosa!
    Fernando Dell’Agli

  2. Sono d’accordo con questa analisi. Fare il formatore infatti non è da tutti; occorrono requisiti diversi da quelli che servono al docente (di scuola per intenderci) e non bisogna mai dimenticare che hai davanti adulti che sono arrugginiti dal punto di vista dell’apprendimento d’aula ma al tempo stesso svolgono quella professione per cui tu li stai aggiornando o formando in vista di novità normative, tecniche o altro. E’ una bella sfida ogni volta!

  3. Salve Dr. Trevisani, complimenti per la brillante considerazione.
    Concordo con la sua tesi e sostengo che il professionista della formazione, il fuoriclasse…deve essere necessariamente di una razza “diversa”.
    Il lavoro del formatore (e così lo stile personale di chi sceglie questa professione) è fatto di pura passione e “dovrebbe” basarsi su un connubio inscindibile: passione per la professione e profonda ed empatica flessibilità nei confronti della platea.

    Cordiali saluti

    Valentina Galati

  4. Benissimo, posso segnalare una persona che avrebbe, visto da una persona che sta in prima linea da oltre 25 anni nel mondo della fornitura diretta e del supporto logistico e addestrativo, tutte le caratteristiche richieste?

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