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Memetica: scienza che studia come le idee si trasmettono e consolidano da individuo ad individuo

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Secondo Dawkins le culture possono evolversi in maniera analoga a come si evolvono le popolazioni e gli organismi viventi. Molte delle idee che passano da una generazione alla successiva possono aumentare o diminuire le possibilità di sopravvivenza della generazione che le riceve che a sua volta potrà ritrasmetterle. Ad esempio, più culture possono sviluppare un proprio progetto ed un proprio metodo per realizzare un utensile, ma quella che avrà sviluppato i metodi più efficaci avrà più probabilità di prosperare e svilupparsi sulle altre; col passare del tempo una sempre maggiore parte della popolazione adotterà quindi tali metodi. Il progetto dell’utensile agisce quindi in modo simile a come agisce un gene biologico appartenente a certe popolazioni e non ad altre, guidando con la propria presenza o assenza il futuro di ogni cultura.

Una caratteristica fondamentale del meme è quella di venire diffuso per imitazione. Quando l’imitazione fece la sua comparsa nell’evoluzione umana, si rivelò essere un buon sistema per aumentare le possibilità di ogni individuo di riprodursi geneticamente. Forse una selezione sessuale dei migliori imitatori fornì successivamente una spinta evoluzionistica verso i cervelli meglio capaci di imitare. In questo contesto, imitare significa sostanzialmente importare informazione dall’ambiente nel proprio cervello tramite gli organi di senso. L’ambiente può essere inanimato – come un libro – o più spesso un altro essere umano, da cui l’informazione viene presa e ri-eseguita. Le fonti inanimate di informazione sono chiamate sistemi di ritenzione.

Dal momento che i memi si propagano per imitazione da un individuo ad un altro, essi non possono esistere senza cervelli sufficientemente sviluppati da discernere gli elementi fondamentali del comportamento da copiare (cosa copiare e perché) e da capirne i potenziali vantaggi. I memi (o comportamenti acquisiti e propagati per imitazione) sono stati osservati solo in poche specie sulla Terra, tra cui gli ominidi, i delfini e gli uccelli che apprendono il canto dai loro genitori. È controversa l’idea che possano esistere memi meno complessi in altre specie – ad esempio, comportamenti imitativi indotti artificialmente nei cefalopodi e nei ratti.

Sia i geni che i memi possono sopravvivere più a lungo del singolo organismo che li reca in sé. Un gene utile (ad esempio un gene per una robusta dentatura nei leoni) può rimanere inalterato nel corredo genetico per centinaia di migliaia di anni. Un meme utile può propagarsi da un individuo ad un altro per tempi molto lunghi dopo la sua comparsa.

A differenza dei geni, il cui successo è legato alla sua utilità per la sopravvivenza dell’organismo che lo reca in sé, il successo di un meme è legato a fattori più sottili (quali la critica, la persuasione, la moda o la pressione del gruppo) che non sono stati ancora ampiamente indagati. Tra le tecniche con cui un meme si propaga si annoverano:

  1. la dimostrazione che un’idea o una tecnica sono utili (ad esempio, un falegname mostra ad un apprendista che due pezzi di legno si uniscono quando vengono messi insieme usando un chiodo ed un martello)
  2. l’identificazione di un problema che non ha soluzione (ad esempio, cosa succede – se mai succede qualcosa – dopo la morte?) ed il proporne una soluzione (ad esempio, si va in paradiso o all’inferno). La soluzione non può essere dimostrata sbagliata ed è quindi sufficientemente adatta per una propagazione successiva.
  3. la minaccia verso coloro che non diffondono un meme (ad esempio, non fare questo e andrai all’inferno) e la ricompensa verso coloro che lo diffondono (fa’ questo e andrai in paradiso)
  4. il richiedere che chi possiede un meme sia gentile col prossimo e dedichi molto tempo alla riflessione ed al dialogo su di esso (ad esempio un prete che faccia poco altro oltre a predicare la propria religione)

Al pari di un gene, un meme non persegue alcuno scopo prefisso né vuole nulla. Semplicemente, o viene replicato, oppure no.

L’evoluzione dei memi: selezione “artificiale”

L’evoluzione non richiede solo l’ereditarietà e la selezione naturale, ma anche la mutazione ed anche i memi hanno questa proprietà. Le idee che vengono trasmesse possono subire modifiche che si accumulano nel tempo. Questi cambiamenti nel “fenotipo” (l’informazione nei cervelli o in altri sistemi di ritenzione) sono anch’essi trasmessi. In altre parole, a differenza dell’evoluzione genetica, sono sia darwiniani che lamarckiani. Si prenda ad esempio, una leggenda o un mito, che spesso vengono abbelliti nel ri-raccontarli in modo che siano più memorabili e quindi più probabilmente raccontati di nuovo. Esempi analoghi più moderni possono essere le cosiddette “leggende urbane” o certi falsi messaggi che girano su internet.

Ciò che contraddistingue un meme da altre idee che vengono trasmesse da una persona ad un’altra è che la probabilità di un meme di venire trasmesso dipende da proprietà intrinseche del meme stesso, piuttosto che dalla natura delle persone (o delle memorie) coinvolte nella trasmissione. Ad esempio, la forma di un utensile si riflette sulla sua efficacia indipendentemente dalle abitudini delle diverse persone che lo usano. Miti e leggende forniscono spesso insegnamenti morali o svelano misteri, questo li rende più adatti a venire raccontati da persone aventi scopi molto diversi tra loro rispetto a storie simili ma prive di questi elementi.

Quanto è “naturale” questo tipo di selezione? Forse lo è quanto l’attrazione sessuale o un comportamento etico. Il rapporto del meme nei confronti di altre teorie evolutive (ad esempio quelle che separano i fattori ecologici, sessuali, etici e morali e non riservano alla “cultura” un ruolo separato o particolare) sembra quello di essere come una sorta di “pretendente al trono” – che cerca di spiegare queste idee più specifiche di evoluzione e di cultura – senza alcun modello da verificare. Questo, agli occhi di molti scienziati, riduce la cultura ad uno tra i tanti elementi della vita umana.

Una famosa osservazione di questo tipo fu quella di Margaret Thatcher, quando bruscamente si trovò a dire che “la società non esiste”. Evidentemente, dove altri vedono una “cultura” o “società” in senso lato, lei vedeva corredi di fattori che regolano la sopravvivenza, la seduzione e le scelte morali, specifici di ogni individuo, coppia o famiglia.

La forma assunta dai memi nel cervello

Nel 1981, i biologi Charles J. Lumsden ed Edward Osborne Wilson pubblicarono il libro Genes, Mind, and Culture: The Coevolutionary Process in cui presentano la teoria di una co-evoluzione di geni e cultura. Evidenziarono che le unità fondamentali della cultura devono corrispondere biologicamente a delle reti di neuroni che fungono da nodi della memoria semantica. Wilson successivamente adottò il termine meme come migliore nome possibile per definire tali unità fondamentali di eredità culturale e sviluppò il ruolo fondamentale dei memi nell’unificare le scienze naturali e le scienze sociali nel suo libro Consilience: The Unity of Knowledge.

Analogie biologiche: virus memetici?

In modo molto simile a come il concetto del gene egoista possa essere usato come punto di vista per meglio capire e studiare l’evoluzione biologica, il concetto di meme può essere usato per capire meglio alcuni aspetti altrimenti intricati della cultura umana (e anche dei comportamenti acquisiti degli altri animali). Tuttavia, se questo “meglio” non è sufficiente per delle sperimentazioni empiriche, rimane il dubbio se il concetto di meme sia sufficientemente valido dal punto di vista scientifico. La memetica è quindi una scienza nella sua infanzia e questo la rende una protoscienza e non una pseudoscienza.

Una controversa applicazione dell’analogia del meme egoista è l’idea che alcuni gruppi di memi possano comportarsi come “virus memetici”: gruppi di idee che si comportano come forme di vita indipendenti e continuano ad essere trasmessi anche a spese dei loro ospiti solo perché sono adatti a venire ritrasmessi. È stato suggerito che le religioni evangeliche ed i culti si comportino in questo modo, includendo la loro stessa trasmissione tra le virtù morali insieme ad altri convincimenti, anche se questi ultimi non assumono grande valore agli occhi del credente.

Altri notano altresì che la quasi totale diffusione di idee religiose tra i gruppi umani provi che esse debbano avere un qualche valore morale, etico, sessuale o ecologico. Molte, ad esempio, sono le religioni che invitano alla pace ed alla cooperazione tra i loro fedeli (“Non uccidere”) e che quindi possono promuovere la sopravvivenza biologica dei gruppi che recano in sé questi memi.

Resistenza al meme

Karl Popper sostenne di sì, usando le parole più forti possibile: “L’intelligenza è utile per la sopravvivenza se ci permette di estinguere una cattiva idea prima che la cattiva idea estingua noi”. Tuttavia la resistenza ai memi è tutt’altro che naturale, nonostante la società attuale (che fra l’altro può anch’essa essere considerata un meme) spinga all’acquisizione di questa. L’ignoranza in alcune culture è infatti considerata una virtù – in particolare l’ignorare certe tentazioni che la cultura crede disastrose se perseguite da molti individui.

Internet, forse il vettore memetico definitivo, sembra ospitare entrambe le sponde di questo dibattito. Benché ad un osservatore ingenuo sembri ovvio che nessun utente adulto di internet possa opporsi al suo uso da parte di altri adulti, nei fatti questo accade basandosi sui criteri più diversi, dall’etica alla morale. Si possono salvaguardare le persone dai memi più pericolosi? E chi decide?

Principia Cybernetica contiene una [4] ampia lista di diversi tipi di meme. Fa anche riferimento ad un saggio di Jaron Lanier [5], molto critico sull’idea del meme totalitario che assume la superiorità dei memi sui corpi.

Memetica e psicologia

Un campo di studio molto fertile ma ancora poco indagato è quello che studia le relazioni fra l’influsso memetico e la psiche individuale. Spunti interessanti sono presenti nell’opera di Susan Blackmore “La macchina dei memi”. Questa ipotesi si allaccia al concetto di processo di individuazione di Carl Gustav Jung. Secondo Jung, il processo di individuazione fa sì che ogni individuo sviluppi il proprio , che potrebbe essere inteso sia come complesso di archetipi sia come complesso di memi.

Proprietà memetiche

L’associazione memetica è la scoperta che i memi si raggruppano. Ad esempio, il meme “blue jeans” include i memi “cerniera lampo”, “tintura blu”, “doppie cuciture”, ecc.

La deriva memetica è il processo attraverso cui un’idea o un meme cambia mentre viene trasferito da una persona ad un’altra. Pochissimi memi mostrano un’elevata inerzia memetica, che è la caratteristica di un meme di venire espresso nello stesso modo e di avere lo stesso impatto a prescindere dalle persone che stanno trasmettendo e ricevendo. La deriva memetica può aumentare quando il meme è trasmesso tramite una comunicazione difficile, invece l’inerzia memetica cresce, per esempio, quando la forma usata è quella delle espressioni in rima o utilizza accorgimenti mnemonici.

Molta della terminologia memetica è creata usando come prefisso “mem(e)-” per termini di solito già esistenti in ambito biologico o usando “meme” al posto di “gene” nelle espressioni composte (corredo memetico, memotipo, ingegneria memetica, etc.).

Il concetto ha origine, nell’ambito di una visione biologico-evoluzionistica umana, all’interno del libro di Richard Dawkins Il gene egoista del 1976, tuttavia un concetto simile era già stato formulato da William S. Burroughs nel 1962.[2]

L’ipotesi di Dawkins è nata in ambito genetico, ricalcando l’approccio della genetica moderna, neodarwinista, all’evoluzione della vita, per ereditarietà, mutazione e selezione del “più adatto”, ed ha avuto buona fortuna, soprattutto mediatica, nel mondo scientifico non specializzato in studi sulla cultura. Tuttavia il concetto di meme è stato accolto abbastanza freddamente nelle scienze che si occupano specificamente della cultura e della sua trasmissione e modificazione (scienze socioantropologiche, cultural studies, folkloristica, ecc.).

Il capitolo de Il gene egoista (1976) sul meme, in una edizione francese

Nel suo libro Il gene egoista, l’etologo Richard Dawkins ha introdotto il termine meme per descrivere una unità base dell’evoluzione culturale umana analoga al gene, unità base dell’evoluzione biologica, in base all’idea che il meccanismo di replica, mutazione e selezione si verifichi anche in ambito culturale. Così come in biologia, la presenza di questi elementi, porta all’emergere spontaneo di effetti evolutivi, anche se per i memi questi si manifestano in senso diverso rispetto a quello biologico. Nel libro, Dawkins descrive il meme come una unità di informazione residente nel cervello. Si tratta di uno schema che può influenzare l’ambiente in cui si trova (attraverso l’azione degli uomini che lo portano) e si può propagare (attraverso la trasmissione culturale).

Questa definizione ha creato un grande dibattito tra sociologi, biologi e scienziati di altre discipline, perché Dawkins non ha dato una spiegazione sufficiente di come la replica di unità di informazione nel cervello controlli il comportamento umano e, alla fine, la cultura. A causa di ciò, il termine “unità di informazione” è stato definito in molti modi diversi da scienziati diversi. A quasi trent’anni di distanza il dibattito è ancora in corso sul valore della memetica come disciplina scientifica.

Il dibattito è stato recentemente ravvivato dalla pubblicazione del libro La macchina dei memi (1999) di Susan Blackmore in cui introduce il concetto generalizzato di replicatore, liberando così l’analogia con la genetica da vincoli eccessivi.

Memetica

La memetica è lo studio semi-formale dei memi e dei modelli evoluzionistici che spiegano la loro diffusione. Può essere considerata a pieno titolo come una protoscienza interdisciplinare che indaga i modelli evolutivi sul trasferimento di informazioni, di conoscenza e delle preferenze culturali basati sull’intuitivo concetto di meme. Più in generale la memetica è un approccio sistemico (systemics) e socio-cognitivo legato esclusivamente con le proprietà sinergetiche dei sistemi/agenti intelligenti e loro società.

La memetica ipotizza che, analogamente ai modelli standard biologici che spiegano la somiglianza fra generazioni con i geni, così si possono spiegare le “eredità culturali” attraverso replicatori chiamati memi.

Tutto ciò che può essere definito cultura è certamente diverso dal patrimonio genetico, ma in comune con questo ha la capacità di trasmettersi attraverso individui, anche se con modalità di trasmissione differenti.

Campi di studio

La memetica applica concetti mutuati dalla teoria dell’evoluzione (in special modo la genetica delle popolazioni) alla cultura umana. Cerca di spiegare fenomeni estremamente controversi, quali la religione o i sistemi politici, usando modelli matematici. C’è tuttavia anche scetticismo nell’utilizzare l’analogia tra meme e gene, soprattutto sulla possibilità di eseguire verifiche sperimentali.

La memetica deve essere distinta dalla sociobiologia. Nella sociobiologia le entità che si evolvono sono i geni, mentre nella memetica sono i memi. La sociobiologia studia le basi biologiche dei comportamenti umani, mentre la memetica considera gli esseri umani non solo come prodotto della loro evoluzione biologica, ma anche della loro evoluzione culturale.

Author

Formatore e Coach su temi di Sviluppo del Potenziale Personale, Comunicazione Interculturale e Negoziazione Internazionale, Psicologia Umanistica. Senior Expert in HR, Human Factor, Psicologia delle Performance, Comunicazione e Management, Metodologie Attive di Formazione e Coaching.