Articolo di Daniele Trevisani, Copyright 2010, Studio Trevisani

… ogni essere umano possiede dentro di sè una energia che tende alla realizzazione di sè, e – dato un clima psicologico adeguato – questa energia può sprigionarsi e produrre benessere sia personale che per l’intero sistema di appartenenza (famiglia, azienda, squadra).

Oltre al clima psicologico favorevole alla crescita, è importante  la possibilità di non essere soli nel percorso e avere compagni di viaggio (condizione 1). Una condizione ulteriore indispensabile (condizione 2) è sapere dove muoversi, verso dove andare, poter accedere ad un modello o teoria che guidi la crescita.

Con questa duplice attenzione, lo sviluppo personale diventa un fatto perseguibile, non più solo un sogno o un desiderio.

Una persona, un’azienda, un atleta, una squadra, sono organismi in evoluzione che spesso anziché evolvere in-volvono, o implodono, si consumano.

Tutti desideriamo la crescita e il benessere ma a volte ci troviamo di fronte a risultati insufficienti (sul lavoro, o nei rapporti di amicizia, o nel nostro percorso di vita) e a stati d’animo correlati di malessere, sfiducia o calo di autostima.

Dunque, bisogna agire. Ma ancora più interessante – prima di affrontare il come agire – è capire quando nasce il bisogno. Alcune domande provocative:

  • Quali sono i limiti inferiori, i segnali che ci informano del fatto che è ora di cambiare, che qualcosa non va, o che vogliamo essere migliori o anche solo diversi? Dobbiamo aspettare di raggiungerli o possiamo agire prima?
  • Quando prendiamo consapevolezza del bisogno di crescere o evolvere?
  • Da cosa siamo “scottati”, quali esperienze o fatti ci portano a voler evolvere? Quali sono i critical incidents che ci segnalano che è ora di una svolta? Dobbiamo attenderli o possiamo anticiparli?

critical incidents possono essere eventi drammatici o invece di piccola portata, ma comunque significativi, come lo svegliarsi male e non capire perché. Può trattarsi di un accadimento che ci ha riguardato e non riusciamo ad interpretare, non riusciamo a capire cosa sia successo. Possono essere casi di vita come la perdita di un lavoro, o una trattativa andata male, una gara persa, un litigio, una relazione che non va, o anche solo la difficoltà a raggiungere i propri obiettivi quotidiani. Può anche trattarsi di una malattia fisica o sofferenza psicologica. In ogni caso, la vita ci presenta continuamente sfide che non riusciamo a vincere, e alcune di queste fanno male.

Spesso rimanere “scottati” (da un’esperienza o stimolo) è indispensabile per acuire lo stato di bisogno, ma – come dimostrano gli studi sulla fisiologia –  l’organismo degli esseri viventi si abitua anche a stati di sofferenza cronica e finisce per considerarli quasi accettabili. Finisce per conviverci.

La metafora della rana nella pozzanghera, vera o falsa che sia, è comunque suggestiva: leggende metropolitane sostengono che una rana che si tuffi in una pozzanghera surriscaldata dal sole reagisca immediatamente e salti via. La rana scappa dall’ambiente inospitale senza bisogno di complicati ragionamenti. D’estate, una rana che sia nella stessa pozzanghera – la quale progressivamente si surriscalda al sole – non subisce lo shock termico istantaneo e può giungere sino alla morte, poiché – grado dopo grado – il peggioramento ambientale procede, in modo lento e costante, e non si innesca lo shock da reazione.

Non ci interessa la biologia delle rane, se la leggenda sia vera o falsa, e nemmeno se questo sia vero per tutte le rane. Interessa il problema dell’abitudine a vivere al di sotto di uno stato ottimale o della rinuncia a crescere, la rinuncia a credere che sia possibile una via di crescita o (nei casi peggiori) una via di fuga o alternativa ad un vivere oppressivo, intossicato, o semplicemente al di sotto dei propri potenziali.

L’abitudine all’ambiente negativo porta ad uno stato di contaminazione e alla mancanza di uno stimo di reazione adeguato. Si finisce per non sentire più il veleno che circola, l’aria viziata o velenosa.

Bene, in certe zone dello spazio-tempo, del vissuto personale, l’aria è ricca di ossigeno, ma in altre, larga parte dell’aria che respiriamo è viziata, e non ce ne rendiamo conto.

In certe aziende, famiglie o gruppi sociali (e persino nazioni), la persona, e la risorsa umana (in termini aziendalistici) assomiglia molto alla rana: può trattarsi di uno stagno visivamente splendido e accogliente, con entrate sontuose e atri luminosi, ma che – vissuto da dentro – diventa una perfida pozza venefica nella quale non si riesce più a “respirare”, e si finisce per soffocare.

Nella vita gli ambienti circostanti mutano ma non sempre con la velocità sufficiente ad innescare lo shock da reazione, e ci si sforza di adattarsi o sopportare. In altre realtà opposte, l’ambiente è invece favorevole e permette all’essere umano di realizzarsi.

Lo sforzo di adattamento produce un adeguamento inferiore, un blocco della tendenza attualizzante: la tendenza ad essere il massimo di ciò che si potrebbe essere, la tendenza a raggiungere i propri potenziali massimi di auto-espressione. Il nostro scopo è invece di perseguire la tendenza autoespressiva ai suoi massimi livelli: la tendenza di ogni essere umano ad essere il massimo di ciò che può essere.

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Articolo di Daniele Trevisani, Copyright 2010, Studio Trevisani


Author

Formatore e Coach su temi di Sviluppo del Potenziale Personale, Comunicazione Interculturale e Negoziazione Internazionale, Psicologia Umanistica. Senior Expert in HR, Human Factor, Psicologia delle Performance, Comunicazione e Management, Metodologie Attive di Formazione e Coaching.

13 Comments

  1. Trovo i tuoi articoli molto interessanti.Personalmente non credo di poter compiere ancora molta strada della vita in maniera costruttiva del mio “io”.So che tu pensi che ciò non è giusto,finchè si vive si può sempre progredire ma la teoria si discosta talvolta dalla realtà. Tuttavia per quello che posso lo farò. Sono affascinata dalle tue tematiche forse perchè quando ero giovane volevo fare la psicologa invece ho fatto l’insegnante con grande gioia devo dire.Grazie per aiutarmi a “sentire” meglio la vita e complimenti ! Leggerò ogni tuo articolo.

  2. Penso che dopo alcuni contatti via mail e cartacei potremmo darci del TU, spero che Lei non abbia nulla in contrario,

    Trovo l’esempio della rana di una realtà sconcertante ma che mi è capitato di vivere in passato e di affrontare in qualche caso in certe aziende (pozzanghere) nel mio
    avoro presente (per fortuna dal di fuori)

    Sono riflessioni che faccio sempre molto volentiri in quanto presi dalla quotidianità del lavoro, spesso non ci accorgiamo di come cambia l’ambiente intorno a noi …fino a diventare asfittico.
    Serve una buona dose di “neutralità” pesonale
    Occorre avere le “antenne” sempre connesse
    Bisogna stare fuori dalla mischia (come nel rugby) per gestire e vedere realmente il gioco

    Credo di aver imparato molto dalle esperienze ma è sempre bene confrontarsi per sentirsi “non fagocitato” da quello che ci circonda

    Ti ringrazio quindi di tenermi aggiornato attraverso i tuoi articoli

    Grazie, buon lavoro ed al prossimo appuntamento

    Francesco Ferlin

  3. Condivido quello che scrivi… io mi trovo in quella pozzanghera da un pò e ho paura di adattarmi pian piano. Sono consapevole di essere in una pozzanghera – lo sono sempre stata – ma non riesco a trovar la forza per saltar da un’altra parte, forse perchè – come scrivi – non so dove andare…

  4. Bellissimo articolo, l’ho letto un pò in ritardo non per disinteresse ma per altri impegni… condivido pienamente e credo che tutti noi prima o poi ci troviamo, come la rana, nella pozzanghera o vediamo persone care, amici o clienti che ci si adattano a stare. Ma una volta raggiunta la consapevolezza di ritrovarsi in una pozza venefica (che è già un gran passo!) dalla quale è fondamentale uscire, la domanda che sorge in molti (me compresa quando mi ci ritrovo) è come uscire dalla pozzanghera, a volte mancano gli stimoli, non si sa dove andare (come scrive Angela) o cosa fare una volta fuori e la risposta “comincia ad uscire poi capirai dove andare o cosa fare” che a volte ci viene data e che io stessa ho dato ad alcuni clienti o amici, può, paradossalmente, spaventare ancora di più del permanere in una situazione stagnante.

  5. Bellissimo articolo e grandissima metafora. Posso testimoniare personalmente quanto siano vere situazioni di questo genere. Sto terminando in questo periodo, per mia personale fortuna, un’esperienza di lavoro, lunga quasi 7 anni, come consulente presso un’azienda che è la rappresentazione perfetta dello stagno, Da un lato sono felice perchè mi rendo conto di essere stato avvelenato per molto tempo, ma dall’altra ho anche paura di non avere più le forze, dentro di me, per ricominciare con entusiasmo altrove. Grazie per questo articolo!

  6. ciao daniela,
    grazie per il tuo articolo…sono sicura che aiuterai tantissime persone…… quello che scrivi è la realtà purtroppo di tanti…di troppi…….
    Però come strivi, bisogna prima di tutto prendere coscienza di se….della nostra vità (un dono prezioso….la vita è la felicità….alzarsi al mattino e vedere le mille possibilità che abbiamo di fare tante cose……)
    io credo molto nelle potenzialità che si trovano dentro di noi…..credo nella potenza del gruppo…può essere anche solo di 2 persone…ma la potenza aumenta con il numero!!
    dal gruppo esce di tutto , di più…..c’è una richezza incredibile…così come per giocco…le idee rimbalzano come una danza da l’uno all’altra , diventando sempre più grande, sempre più ricche, sempre più concrete….il gruppo ha un calore incredibile….ci si sente eletrizzati , ci viene voglio di dare…..
    però come scrivi ancora, le persone hanno bisogno di essere VISTE (oggi nessuno non vede più nessuno..), le persone hanno bisogno di essere INCORAGGIATE (qualcuno lo fa….), le persone hanno bisogno di essere ASCOLTATE (oggi chi lo fa…..siamo troppo occupate a rispondere……eppure l’ascolto è un dono prezioso….ascoltando impariamo a conoscere un persona e a scoprire le sue potenzialità….)
    dobbiamo però iniziare dentro le nostre case, nelle nostre famiglie…io ho imparato a dire a mia figlia “sei brava” ai miei genitori, a mia sorella , ai miei amici, insomma a tutte le persone che fanno qualcosa…perché abbiamo tendenza subito a criticare…invece dobbiamo iniziare a RINGRAZIARE se vogliamo che il nostro bellissimo mondo funziona…….
    io ho ritrovato me stesso facendo un percorso spirituale (pratica spirituale..che mi ha snebiato facendomi vedere la realtà e messi in pratica degli insegnamenti…..
    comunque ho sempre avuto un grande amore per la vita e per la creazione (ringrazio dio in ogni momento perché mi concede di vivere qu’esperienza straordinaria che è la vita…….) sono affascinata dal nostro corpo com’è tutto così preciso e misterioso……sono affascinata dalla natura che nonostante noi lavoriamo tanto per avvelenarla …lei continua a darci di tutto di più…che meraviglia……quando impareremo a ringraziare la natura……
    grazie di nuovo per tutto quello che fai…..
    importante farci rifflettere…..
    scusami se ho preso troppo spazio
    buon tutto –ciao caterina
    p.s. sono andata in questo sito grazie a Mery che ho conosciuto nel sito di Agorà

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