Autore: Daniele Trevisani. Estratto dal volume “Il Potenziale Umano“, Franco Angeli editore, Milano, 2009, Copyright

I meccanismi energetici nel modello HPM sono molteplici, ma per ora osserviamo due meccanismi in particolare:

  • le diffusioni energetiche: le immissioni di energia in un’area hanno implicazioni positive (fanno bene) anche alle altre aree;
  • i drenaggi energetici: i cali o blocchi di energia in un’area danneggiano anche le altre aree.

(Commento inedito da intervista all’autore: …per immettere energie nel sistema dobbiamo svolgere un lavoro allenante, partendo da qualsiasi “angolazione” di attacco sia per noi più facile in questo momento: fare sport, migliorare una tabella allenante, mangiare meglio, coltivare amicizie, tagliare con abitudini dannose, cercare le positività che non riusciamo più a scorgere, lottare per una causa giusta, impegnarsi in un progetto. Tutte le azioni positive hanno influenza sulla capacità del sistema nel suo complesso. Nessuna è inutile. Man mano che procediamo con azioni positive, il sistema personale ne viene potenziato e nuove azioni positive, prima giudicate impossibili, diventano progressivamente alla nostra portata).

 Le implicazioni per lo sviluppo personale sono numerose, ma soprattutto:

 – è possibile realizzare una strategia di immissione selettiva di energie in un’area, per poi utilizzarla come perno per lo sviluppo di altre aree. Ad esempio, creare grounding bioenergetico, il che significa lavorare principalmente sulle energie del corpo per poi poter “fare leva” su un corpo energeticamente carico, su un fisico forte, pronto ad assumersi impegni psicologicamente rilevanti, anche gravosi, goal e obiettivi sfidanti;

–  è possibile realizzare una strategia di immissione multipla di energie ricercando una crescita su più livelli e stadi. Ad esempio, lavorare sistematicamente e contemporaneamente su tutte le aree del modello HPM.

 In generale, un lavoro su un’area è possibile solo se i livelli energetici di base dell’area toccata sono a livello sufficiente per supportare carichi superiori. Se non vi sono condizioni minime, occorre trovare strade alternative.

Ad esempio, in campo manageriale è completamente inutile realizzare un intervento dalle grandi ambizioni  (job enrichment, job enlargement, role-modeling, e altri), attaccando lo strato delle macro-competenze, se le micro-competenze di supporto sono insufficienti. Se una persona non sa nemmeno gestire una riunione di un piccolo gruppo di lavoro, inutile passare a temi ancora più complessi che poggiano su competenze che ancora non ci sono.

Altrettanto inutile è riempire di competenze (skills) un manager se mancano le energie motivazionali (volontà) necessarie a mettersi in gioco.

Inutile studiare nuovi progetti creativi se l’intero team è in stato di demotivazione cronica o affaticamento. Una persona disabilitata nelle energie mentali non va da nessuna parte, non porta avanti nemmeno se stessa, e tantomeno il progetto più ambizioso che qualsiasi mente possa partorire.

In generale, in mancanza di energie, il “nuovo” non viene affrontato. Sem­plicemente non ci sono le forze per affrontare il cambiamento.

L’area psicoenergetica assieme a quella bioenergetica sono quindi ancoraggi forti di lavoro per un coaching e una formazione seria e analitica.

Saltarli piè pari e passare subito alle competenze applicative è inutile. Così come costruire progetti che richiedono presenza di energie che non ci sono.

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Copyright, Articolo estratto con il permesso dell’autore, dal volume di Daniele Trevisani “Il Potenziale Umano“, Franco Angeli editore, Milano.2009. Pubblicato con il contributo editoriale di Studio Trevisani Communication Research, Formazione e Coaching.

Author

Formatore e Coach su temi di Sviluppo del Potenziale Personale, Comunicazione Interculturale e Negoziazione Internazionale, Psicologia Umanistica. Senior Expert in HR, Human Factor, Psicologia delle Performance, Comunicazione e Management, Metodologie Attive di Formazione e Coaching.

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